Una spiegazione sul perché la Pasqua sia così importante nella documentazione in esame [da completare]

Nel testo che segue cercheremo di spiegare il motivo per cui nella corrispondenza tra Francesco Sforza e Corradino Giorgi, suo ambasciatore in Savoia fra la fine del 1457 e i primi cinque mesi del 1458, ma per la verità non solo in essa, siano così importanti la Pasqua e quindi la Resurrezione di Gesù insieme ad altri eventi legati alla sua vita (dalla Trasfigurazione all’Ascensione), come mai a sottolineare appunto questa rilevanza fra i tre libri richiesti dal duca sabaudo a quello di Milano vi sia la Bibbia e perché venga instaurata un’identificazione fra Cristo e il delfino Luigi, in esilio presso il duca di Borgogna e fortemente ostile al padre Carlo VII. Come detto più volte, la corrispondenza tra Francesco Sforza e Corradino Giorgi si configura come una “storia alla rovescia”, un falso quindi, che doveva essere esibito agli ambasciatori del re di Francia e veneziani eventualmente giunti a Milano al fine di inviare una serie di avvertimenti politici, come dimostra il fatto che ai ff. 323v-324r del Registro delle Missive 34 è presente una lettera diretta all’ambasciatore prossimo alla partenza per la Savoia in cui Corradino Giorgi viene nominato al contrario, ossia “Georgio de Conradinis parte Cichi“. Si consideri, inoltre, per non lasciare spazio a dubbi, che la lettera successiva del Registro 34 è nientedimeno che diretta a Carlo VII, ma non è questo che ora vogliamo approfondire, anche se è necessario chiarire che, per quanto si sia in presenza di una “storia alla rovescia”, essa lascia trasparire quanto accaduto in quel periodo, vale a dire che grazie all’intervento del delfino Luigi e di Francesco Sforza Ludovico di Savoia si è sottratto dalla condizione di “subiectione” rispetto al re di Francia. Il momento in cui nel consiglio sabaudo il partito anti-Carlo VII prende il sopravvento è il 28 marzo 1458, come scritto chiaramente in una missiva di Corradino Giorgi datata proprio 28 marzo, tuttavia i suoi rappresentanti non potevano muoversi liberamente, perché la parte avversa, per quanto in difficoltà, soprattutto per via delle cattive condizioni di salute del re, era pur sempre presente e continuava la sua occhiuta sorveglianza. Non era dunque possibile agire come se niente fosse: non si poteva liberare di punto in bianco Ludovico Bolleri (il personaggio fatto imprigionare da Carlo VII, che dà mandato al filofrancese maresciallo di Savoia Jean de Seyssel di catturarlo in quanto egli faceva da tramite fra suo figlio, Francesco Sforza e altri) e non era possibile per il duca sabaudo inviare a Milano ambasciatori a trattare liberamente un’alleanza con Francesco Sforza. Fu così necessario simulare contrasti: Ludovico Bolleri viene liberato un mese dopo, il 28 aprile, ma in base a condizioni che il duca di Milano non è disposto ad accettare e addirittura nell’aprile del 1458 il duca sabaudo attacca altre terre dello stesso Ludovico Bolleri e di Onorato Lascaris, conte di Tenda. Per comprendere la finzione complessiva, si consideri che questi ultimi due personaggi non erano solo vicini politicamente a Francesco Sforza, ma in una lettera di Angelo Acciaioli datata 19 aprile e diretta al duca di Milano vengono definiti senza mezzi termini “amici” del delfino. In sostanza il duca di Savoia attacca i suoi liberatori, ma questo passaggio è necessario per via della presenza dei filofrancesi, le “guardie” del documento intitolo “Lo modo da dare la polvere da fare dormire le guardie etc.“, che al livello di Ludovico Bolleri si configurano senza dubbio come i suoi carcerieri, ma al livello di Ludovico di Savoia alludono appunto ai filofrancesi del partito guidato da Jean de Seyssel. E non doveva trattarsi di “guardie” particolarmente benevole con i propri avversari: in una minuta del 6 aprile 1458 Francesco Sforza non accoglie la richiesta del sabaudo “Claudio de Langino” di una “lettera de familiarità” che gli permettesse di recarsi a Milano per trattare dell’alleanza con il duca perché fra gli altri motivi ne potrebbe derivare per lui “scandalo e periculo”. Inoltre nella copia di una lettera a Cicco Simonetta datata 20 marzo Pietro Beccaria, dopo avere riportato parti di un colloquio molto interessante con l’arcivescovo di Sant’Antonio di Vienne, nel Delfinato, amico sia del delfino sia di Ludovico Bolleri, conclude pregando che “queste cose non passeno vostra magnificentia, maxime che siano havute dal dicto monsignore, il quale seria in pericolo della vita quando se sapesse che per luy se revelassero queste nove”. Il clima politico complessivo pare dunque piuttosto chiaro. Ma veniamo al tema iniziale: come mai il delfino Luigi viene identificato con Cristo, dando alla Resurrezione un significato di liberazione? Per rispondere a questa domanda, è necessario considerare che negli anni precedenti vi erano già stati tentativi di avvicinamento fra il delfino, Ludovico di Savoia e Francesco Sforza. In una lettera datata 20 febbraio 1455 il figlio di Carlo VII, che non era ancora in esilio presso il duca di Borgogna, ma risiedeva nel Delfinato comunque ben lontano dal padre, avvisa Francesco Sforza dell’invio a Milano del cipriota Guiotino de Nores, molto vicino ad Anna di Cipro, moglie di Ludovico di Savoia, con l’incarico di parlare al duca di vari argomenti, fra i quali il matrimonio fra Maria, figlia di Ludovico di Savoia, e suo figlio Galeazzo Maria. Il 15 marzo il delfino scrive di nuovo al duca di Milano che Guiotino de Nores riferirà a voce altri temi. La reazione del re di Francia però non si fa attendere ed è anzi pressoché immediata. Il 18 marzo Carlo VII manda infatti a Milano Guglielmo Toreau, suo notaio e segretario, al quale è affidato il compito di riferire su vari argomenti secondo l’istruzione a lui data. Della lettera del re di Francia è presente presso l’Archivio di Stato di Milano l’originale, poi c’è la copia semplice coeva che si può vedere alla pagina 91v del Codice 1595 dell’Archivio Sforzesco il quale si trova alla Biblioteca nazionale di Francia. Sempre presso l’Archivio di Milano è reperibile la traduzione in italiano dell’istruzione originale in francese, che è andata perduta. Inoltre alle pagine 91v-92r-92v del citato Codice 1595 si trova una copia registrata della traduzione dell’istruzione. All’inizio della traduzione presente presso l’Archivio di Milano, peraltro quasi del tutto identica a quella nel Codice 1595, si descrive lo stato insoddisfacente dei rapporti fra Carlo VII e suo figlio Luigi, quindi si legge che “el prefato signore re è stato avisato che alcuni, che non voriano puncto che lo dicto monsignore lo delfino se reducesse ad bona obedientia del prefato re, come ragionevolmente è tenuto de fare, se sforzano de trovare maynera de condure et tractare certe lighe, pacti et intelligentie tra monsignore delfino, lo dicto conte [Francesco Sforza] et altri de le parte de là”. Verso la fine dell’istruzione si precisa che “lo predicto nostro signore re desideraria ben sapere la veritate in la materia soprascripta, per havere tale aviso et, s’el è bisognio, per dare tale provisione quale vederà essere da fare, perché lo re ha bene intentione de disponere al piacere de Dio talmente sue facende che quelli che voriano sotto umbra de le dicte lighe o altramente intraprendere de fare qualche cosa a sua displicentia et in suo preiudicio non gli avrano puncto davantagio”. Il una minuta datata 12 aprile, di cui vi è la copia registrata alle pagine 92v-93r del Codice 1595, il duca di Milano scrive a Carlo VII quanto segue: “Intellexi ea que vir egregius magister Guilielmus Toreau, maiestatis vestre secretarius, quem vestra serenissima maiestas cum suis credentialibus litteris et quadam instructione huc misit, plane mihi exposuit, ob que eadem vestra serenitas suspicari videtur quod ego intelligentiam atque ligam ineam et faciam cum illustrissimo domino delfino, primogenito vestro. Breviter ergo respondendo, eandem vestram celsitudinem aviso atque certifico quod, cum intelligam et plane comprehendam eandem ligam et intelligentiam molestam fore celsitudini vestre, ego eam nullatenus inirem neque facerem”. Per comprendere chi siano quegli “altri de le parte de là” cui si accenna nella traduzione dell’istruzione per Guglielmo Toreau sopra riportata, bisogna attendere il 23 luglio, quando Francesco Sforza, rispondendo a una lettera dell’8 dello stesso mese del medesimo Guglielmo Toreau, gli scrive: “Suadit in calce litterarum suarum vestra nobilitas ei relatum esse quod confederationes inite et concluse fuerunt inter illustrissimum dominum delphinum et ducem Sabaudie et nos, de quo a nobis certior reddi desiderat. Pro cuius rey delucidatione dicimus et affirmamus vobis nullas confederationes seu intelligentias nobis esse cum ipso domino delphino, nisi quod eum singulari amore et honore prosequimur, intuitu et contemplatione serenissime maiestatis regis patris sui. Cum illustri domino duce Sabaudie nobis est pax, amicitia et fraternitas, et inter ipsum et nos nihil novi est. Nec enim inmutata est nobis ea sententia quam multis efficacissimis rationibus vobis declaravimus, nec unquam accidere poterit ut a fide et devotione nostra in serenissimam regiam maiestatem et christianissimam domum suam aliqua via flectamur. Qui autem aliter vobis dixerint, longe aberrant et falluntur. Itaque intrepide et indubitanter sacre regie maiestati hec omnia referre poteritis, ita ut intelligat nos illum esse serenitatis sue servitorem qui semper fuimus et de nobis et statu nostro agere et disponere posse non secus ac de rebus suis propriis”. Con gli “altri de le parte de là” ci si riferisce dunque a Ludovico di Savoia. Pare dunque che nel 1455, almeno fino a luglio, siamo al punto in cui ci si sarebbe trovati poco più tardi, vale a dire tra la fine del 1457 e i primi mesi del 1458. Torniamo però alle due traduzioni in italiano dell’istruzione per Guglielmo Toreau. Vi è un altro aspetto molto interessante oltre al contenuto, ossia il fatto che nella datazione di entrambi i documenti è adoperato lo stile della Pasqua (detto anche francese): la data riportata è infatti “XVIII de marzo 1454”, non 1455. Secondo lo stile della Pasqua l’anno comincia dal giorno di Pasqua, posticipando sullo stile moderno, al quale corrisponde da Pasqua al 31 dicembre. Nel 1455 la Pasqua cadde il 6 aprile, per cui secondo lo stile francese il 18 marzo si era ancora nel 1454. Si potrebbe obiettare che le due istruzioni sono traduzioni e non il documento originale. Tuttavia, per questo motivo non si può certo ipotizzare che l’indicazione dell’anno “1454” non fosse presente nell’originale e sia stata introdotta di sua volontà dal traduttore. In realtà la presenza dello stile della Pasqua è estremamente significativa, perché vuol dire che aveva colpito appunto il traduttore, che pertanto lo aveva riportato senza “innovare”, per così dire. In base alla consultazione di un buon numero di carteggi del periodo tra Milano e la Francia riteniamo ragionevole affermare che le traduzioni dell’istruzione di Guglielmo Toreau siano gli unici documenti in cui si segue lo stile della Pasqua. Diviene quindi inevitabile domandarsi la ragione di questa particolarità. La ragione pare piuttosto chiara: Carlo VII vuole far capire al duca di Milano e a chi per lui che in Francia si è ancora nell’anno “vecchio”, ossia nel “suo” tempo, e che per l’anno nuovo, vale a dire per l’epoca di Luigi incoronato re e le sue novità, compresa l’alleanza con Francesco Sforza e Ludovico di Savoia, vi è molto da aspettare e che lui si opporrà a queste ultime in ogni modo. Non è certo un caso se pochi mesi più tardi le “guardie” entreranno in azione arrestando Guiotino de Nores e i ciprioti presenti alla corte del duca sabaudo. Lo stile della Pasqua dell’istruzione di Guglielmo Toreau del 18 marzo spiega come mai fra il 1457 e il 1458 Francesco Sforza e il delfino Luigi decidano di puntare sull’identificazione fra lo stesso delfino e Cristo. Lo spunto è stato offerto dallo stesso Carlo VII e il messaggio in risposta al re di Francia è chiaro: è arrivata la Pasqua, è iniziato l’anno nuovo, la resurrezione del Delfino, naturalmente solo simbolica, libera Ludovico di Savoia dalla prigionia in cui si trova e libera pure Francesco Sforza, che rischia di trovarsi schiacciato dall’alleanza fra Carlo VII e Venezia. Si spiegano così anche i riferimenti alla Domenica delle Palme, alla Trasfigurazione, al Getsemani e all’Ascensione. Vi è tuttavia di più. Come detto, l’istruzione di Guglielmo Tureau è del 18 marzo, ma Toreau è uno dei due ambasciatori inviati da Carlo VII nel febbraio del 1458 a chiedere a Ludovico di Savoia la consegna di Ludovico Bolleri, che poi non verrà dato loro. Il 18 aprile 1458 Corradino Giorgi scrive: “Ho intexo quanto sce grava la signoria vostra de mi non habia visitati questi signori ambasciatori del re de Franza quali erano qui he la iniuntione me fa la signoria vostra, la qual statim haverea exequita sce gli fosano stati, ma erano zà partiti, como ha potuto intendere la signoria vostra per una mia data a desdoto del passato”, ma sbaglia la data, perché la lettera cui si riferisce è del 28 marzo. In questo modo il 18 aprile, riferendosi agli ambasciatori, di cui fa parte Guglielmo Toreau, Corradino Giorgi si riferisce all’istruzione dello stesso Guglielmo Toreau del 18 marzo “1454” con lo stile della Pasqua di tre anni prima. L’errore di datazione della lettera del 18 aprile 1458 non è quindi solo un modo per attirare l’attenzione sulla missiva del 28 marzo, che peraltro inizia subito dicendo: “Sapia la signoria vostra che li ambaxadori del re di Franza sono partiti e malcontenti“, quindi con un chiaro riferimento a Guglielmo Toreau. Si noti poi che quest’ultimo venne a Milano alla fine di novembre del 1458, restandovi fino alla fine di febbraio del 1459, e certo ebbe modo di visionare la documentazione che lo riguardava e di sicuro non gli mancavano gli elementi per capirne il senso. Si consideri poi che la lettera del 28 marzo prosegue così: “la parte de questi zentilomeni che ha gubernato questo signore per fina a qui, la quale hera franzosa, non guberna più e l’altra, che in tuto gli hè contraria, hè montata in stato“, ma il 28 marzo è il giorno della Pasqua del 1456, ossia l’anno in cui ad agosto il delfino andò in esilio presso il duca di Borgogna. L’anno 1456, iniziato secondo lo stile della Pasqua il 28 marzo, aveva avuto un significato importante per il delfino e con la lettera del 28 marzo 1458 in cui si riferisce che il partito filofrancese di Jean de Seyssel “non guberna più” si vuole stabilire un’associazione proprio con il 1456. Infine, poiché, come abbiamo detto, è la stessa istruzione di Guglielmo Toreau del 18 marzo 1454 con la sua data particolare con lo stile della Pasqua a offrire lo spunto per l’identificazione Cristo/delfino presente nella corrispondenza di Francesco Sforza con il suo ambasciatore in Savoia tra la fine del 1457 e i primi mesi del 1458, risulterà meno arbitrario che si ritenga significativo il fatto che la consegna delle dieci “prese” con la loro “storia alla rovescia” avvenga l’11 maggio, giorno in cui nel 1458 cadeva l’Ascensione di Gesù. Si vuole in questo modo alludere all’ascesa del delfino Luigi al trono, ma non a fianco del padre, come si dice per Cristo nel Credo niceno-costantinopolitano, bensì nel caso del delfino al posto del padre, dopo la morte di quest’ultimo. A supporto di quanto esposto finora vi sono ulteriori elementi, ma li approfondiremo in un altro testo.

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