14. Conclusioni

L’analisi delle relazioni fra i personaggi ha permesso di evidenziare quello che si potrebbe definire il sistema dei personaggi profondo delle corrispondenze intrattenute da Francesco Sforza prima con Corradino Giorgi e poi con Antonio Cardano. Siamo così in grado di rispondere alla «domanda della autenticità», la prima possibile che secondo Droysen la critica storica può rivolgere al suo materiale, ossia «se questo materiale è davvero ciò che si ritiene sia o quale vuole che lo si ritenga».[23] La risposta alla domanda è negativa. La documentazione in esame non è «ciò che si ritiene sia o quale vuole che lo si ritenga». Si tratta infatti di epistolari falsi ideati per essere esibiti con le loro «Storie alla rovescia» a un destinatario in grado di coglierne il significato recondito, conclusione cui peraltro si giunge per esclusione, eliminando le altre possibilità apparentemente più verosimili e, verrebbe da dire, economiche. A meno di non volere governare il disordine in modo arbitrario e approssimativo, lo storico che voglia dedicarsi alla documentazione di Francesco Sforza non può dunque esimersi dal fornire una risposta logica ai problemi posti dagli epistolari intrattenuti dal duca di Milano con Corradino Giorgi e Antonio Cardano, soprattutto dal primo, che costituisce per così dire la porta di accesso al mondo di Francesco Sforza, dal quale dipendono le corrispondenze del duca di Milano con Ottone del Carretto, Nicodemo Tranchedini, Antonio da Trezzo e Marchese da Varese, ambasciatori rispettivamente a Roma, Firenze, Napoli e Venezia.

[23] Droysen (1994: p. 219).

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