Francesco Sforza a Carlo VII 30 ottobre 1457

Missive, 34, ff. 326r-v-327r.

Serenissimo domino regi Francorum.
Son certo la maiestà vostra se dè recodare che più volte per alcuni gli è stato refferito che da mi erano state persone le (a) quale me havevano recercato de fare contrahere nova amicicia, intelligentia et apontamento, la quale ad essa maiestà non era grata né acepta, et mi alli oratori della vostra maiestà che per questa casone la se dignò mandare da mi feci resposta et cossì ho facto dire più volte per alcuni di mei che sonno venuti da essa et etiamdio scripto per più mie lettere, como vero era che da alcuni era io stato rechiesto, ma che mi non gli havevo prestate oreghie, como quello che haveva et ho deliberato fermamente una volta sequire li vestigii del quondam signore mio patre, quale continue, finché vixe, fu cordiale et affectionatissimo servitore della christianissima casa de Franza, como anche so che fuo lo illustrissimo olim duca Filippo, mio socero et patre, et cossì infin’al presente ho continuato et per quello m’è stato possibile la maiestà vostra non ha trovato lo contrario. Et, benché me renda più che certissimo la maiestà vostra, como sapientissima, non presti audientia a simile relatione, perché la debbe existimare che le debiano procedere da persone le quale, per qualche respecto o casone de loro passione o specialità, pocho resguardando nel suo male dire se dicano lo vero in lo verisimile per metter male ascotto, non sianno puncto contente che io sia in la gratia, amore et dilectione d’essa maiestà, como mi reputo d’essere per mia clementia et benignitate, et che la non gli debia prestare fede né credito, havendo veduto la experientia et effecto fin’al presente della mia sincera fede et divotione verso d’essa et licet io non dubiti puncto de tale mia fede, affectione et devotione bisogni fargli altra gchiareza, tamen, perché quelli che altre volte hanno dicto tale cose et dele altre simile ad quelle porriano anchora de novo fare simile sinistre rellatione, como da più parte son avisato cossì essere facto, me son deliberato (b) scrivergli la presente et quella certificare che, quantunche io sia stato pure tentato et rechiesto de intelligentia et apontamento, nondimeno gli ho facto quella medesma resposta che io ho facto altre volte, perché mi son et serò per l’avenire continuamente de quella dispositione, fede et devotione verso d’essa vostra maiestà et della sua christianissima casa de fare tutte quelle cose che intenda et cognosca sianno grate a piacere ad amplitudine et gloria d’essa vostra maiestà, como ho facto fin’al presente. Questa mia lettera intendo che la renda vero testimonio dela fide et devotione mia verso d’essa et nondimancho, per conservare la mente de vostra maiestà sincera continuamente verso di me, como sopra le altre cose desydero, sì per debito della devotione mia X et della fede che io porto alla prefata vostra maiestà, sì per debito della devotione mia et della fede che io porto alla prefata vostra maiestà, sì per dargli a vedere ogni mia iustificatione et innocentia contra lo falso et mal dire altruy, gli supplico se degna, quandocumque accada gli sia de mi facta alcuna sinistra relatione, avisarme come altre volte humanissimamente feci, perché non dubito la farò chiara cum la mera verità, etiam in le cose particulare, secondo serò rechiesto, in forma che intenderà mi procedere sinceramente et cossì mi reputarà per bono amico et servitore, como desydero sempre essere, humilmente recomandandome a quella. Cremone XXX octobris MCCCC°LII.
Cichus.

(a) La «l» di «le» presenta una svolazzo che pare una «s».
(b) Dopo la «b» tagliata è presenta una linea che tende verso il basso, in modo da sottolineare la parola «liberato» presente in «deliberato».

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