1. Francesco Sforza a Ottone del Carretto 13 aprile 1458

Originale [1]. Per le numerose integrazioni del documento, gravemente lacerato lungo la parte superiore del margine destro, ci si è serviti di Venezia8. (Margine superiore destro del recto, margine inferiore destro del recto, margine superiore sinistro del verso).

Dux Mediolani etc. Papie Anglerieque comes ac Cremone dominus.
Missere Octo. Dapoi che tra la illustrissima signoria de Venetia, la excelsa comunità de Fiorenza et [nuy fo conclusa] pace, unione et intelligentia, et per lo illustrissimo signore duca de Savoya ne forono [restituiti li lochi] et terre quale haveva usurpate, poso la morte dello illustrissimo quondam signore duca Fi[lippo, nostro padre] et socero honorandissimo, come l’era obligato per li capituli d’essa pace, Dio sa che co[n ogni studio], ingegno et sollicitudine sempre havemo cercato de ben vicinare et vivere faternal[mente et amo]revelmente con la signoria sua et facte tutte quelle cose che ne parevano expedi[ente et necessarie] ad confirmatione et accrescimento de amicitia et benivolentia tra nuy, fin’ad contra[here affinità con la] signoria sua, credendo pure che la prefata signoria soa devesse fare el simile verso de [nuy et, se non] per altra casone, almanco per non fare cosa molesta ad le potentie della liga, [dele quale l’è] colligato. Ma ne pare vedere che la signoria soa faccia altramente et, senza con[syderare le obligatione] che l’à con la dicta liga et consequentemente con nuy, ha cercato et cerca conti[nuamente de] turbare et inquietare li adherenti et recommendati nostri. Et adciò intendate [la cosa più chiaramente], li zentilhomini da Cocona’, domino Luisi Bollero et domino Honorato et el fratello, [conti di Ventimillia] et signori de Tenda, sempre sono stati adherenti et recommendati del prefato [signore duca Filippo et] soi predecessori et, successive, nostri, et poso la conclusione della pace, ratificorono [in opportuna] forma, como vederete per le incluse copie, et, quantunche non se trovi che la signoria [soa fosse] alla possessione de alcuna adherentia et fidelità d’essi de Cocona’ al tempo della morte (a) del prefato quondam signore duca et habbiamo facto intendere ad soi ambasciatori, in presentia de Nicolò di Grassi, ambasciatore della illustre signoria de Venetia, et de molti notabili homini, che la signoria sua non se ha ad impacciare de facti loro et più et più fiate l’habbiamo confortato et pregato per nostre littere et ambasciate che nelli volesse relaxare et ad quelli non se hano voluto intendere cum luy non fare iniuria, como ha facto et fa continuamente, secundo che è debito et obligato per li capituli della dicta pace et ulterius obligato per una spetiale conventione facta per nuy con lo suo ambasciatore in questa terra in l’anno passato, nientedemeno sempre ha recusato de farlo et dalla signoria soa non havemo mai potuto havere se non bone parole. El prefato misser Luisi Bollero, quale è uno gentilhomo da bene et nostro adherente et recommandato, como è dicto, fece prendere in un suo castello scalato de nocte, dimonstrando essere in bona amicitia, et halo tenuto destenuto più dì passati et el tene in presone luy, la mogliere et li figlioli, per la liberatione del quale havemo tenuto uno ambasciatore più mesi passati presso la signoria soa et mai non lo havemo possuto obtenere. Imo, quando havemo creduto de deverlo havere, trovamo ch’el prefato signore duca ha mandato da sey ad VIIIm persone ad campo alle terre soe et toltoli Centallo, la principale terra ch’el avesse, et Demonte, el quale luocho se dice ha pagato bona summa de denari per salvare le persone, et ha combattuto la Roccha Sparavara et saccomandati multi luochi et ville soe et tolto la Roccha de Vernante delli prefati conti de Tenda, contra li quali monstrava de volere procedere più ultra et crediamo ch’el procederà, non havendo veruno contrasto, como non ha al presente. Le quale cose possete pensare quanto ne siano moleste et, s’el non fosse che nuy volemo vivere et deportarne più consideratamente, non saressemo stato fin’ad quest’hora ad provedergli, anzi, havendo el modo como havemo, gli haveressemo facto opportuna provisione. Pertanto volemo che subito ve debbiate retrovare con la sanctità de nostro Signore et advisarla delle predicte cose et supplicarli per nostra parte che, in exequutione delli capituli della pace et liga, gli piaccia darne opportuno favore per la defesa, conservatione et tutela delli dicti nostri adherenti et recommendati, como l’è obligata de fare, et fargli altra provisione, como meglio li parirà, che li predicti siano restaurati delli loro damni, como siamo certi farà, perché nuy etiamdio faressemo el simile contra qualunche turbasse li adherenti et recomandati soi, deliberando totalmente de [defend]ere (b) et sostenere li dicti nostri adherenti et recomandati et fare tutto quello ne serà [possibile per] la reintegratione et recuperatione del stato loro. Ma prima habbiamo voluto [quela] sanctità sia advisata, adciò ch’ella non creda nuy esserne mossi senza grande [casone]. Datum Mediolani die XIII aprilis MCCCC°LVIII°
Cichus.

(a) La lacerazione della parte superiore del margine destro forma una sorta di nuvoletta tipica dei fumetti. Nella parte inferiore la pipetta di questa nuvoletta spezza la parola «morte», insinuandosi nella riga sotto fra «in presentia» e «de Nicolò», che poi prosegue nella riga successiva con «di Grassi, ambasciatore della illustre signoria de Venetia» (cfr. il primo link sopra).
(b) Il recto della lettera finisce con «de», mentre il verso comincia con «ere» (cfr. il secondo e il terzo link sopra).

[1] La presenza di un originale stupisce, perché, come scrive Francesco Senatore («Uno mundo de carta», pp. 153-155), alcune considerazioni «dimostrano come, per lo meno nei primi anni del ducato sforzesco, la consegna degli archivi degli ambasciatori non fosse la norma, ma, eventualmente, il risultato degli sforzi del segretario Cicco Simonetta. Un “ordine” di consegna esisteva probabilmente soltanto per l’istruzione». «Anni dopo», prosegue lo studioso, «scritture e registri degli ambasciatori cominciarono a confluire anche nell’archivio sforzesco». «A metà degli anni ’70, dunque», continua Senatore, «il ducato di Milano era riuscito a ottenere da alcuni inviati un regolare e periodico versamento archivistico. È però evidente che non si trattava ancora di un’operazione automatica». Senatore, sconsolato, aggiunge: «Sono veramente troppo poche le scritture provenienti da archivi d’ambasciata attualmente custodite nell’Archivio di Stato di Milano». E conclude: «Questa situazione di disordine e di frammentarietà non è propria di Milano, […]. Un’incertezza di collocazione, una “fragilità” archivistica ha infatti segnato dovunque il destino delle poche carte degli ambasciatori effettivamente restituite in cancelleria».

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